In uno dei molti gruppi gattofili a cui sono iscritta su Facebook mi sono imbattuta pochi giorni fa in questa storia, una storia come tante purtroppo, perché tanti sono gli invisibili. Mi ha colpito ed ho deciso di riportarle qui sul blog con il permesso della ragazza che l’ha scritta. Buona lettura! [Ps: Se avete anche voi storie gattose da raccontare e vi piacerebbe vederle postate sul blog, scrivetemi!]
Pirolicchio
Questa è la storia di un gatto senza nome, senza origine né destinazione. Di un gatto che già da piccolino ha dovuto lottare per sopravvivere. Questa è la storia di Pirolicchio, un micio di quelli speciali, da trattare con i guanti di velluto, iniziata più di 10 anni fa.
Il nome bé… Già era tanto che qualcuno glielo avesse dato a un gatto come lui, ma comunque, gli venne affibbiato perché da cucciolo era così piccolo e ossuto che nessun altro nome gli sarebbe calzato meglio. Andava da una casa all’altra elemosinando cibo e affetto, cercando in tutti i modi di intrufolarsi per avere il calore di una famiglia.
Ma le tempistiche non erano mai state il suo forte perché era sempre il momento sbagliato, o troppo presto perché la persona in questione non era pronta ad impegnarsi, o troppo tardi perché in casa c’erano già altri gatti. Per fortuna lui era un tipo tosto, e amava anche la vita all’aria aperta. Adorava spaparanzarsi al sole, correre dietro a farfalle ed uccellini, e quando era stufo, sapeva sempre a quale porta bussare per chiedere il pranzo o la cena
C’è da dire che per un breve periodo è anche stato fortunato, trovando ospitalità dalla nonna di turno che lo aveva praticamente adottato. E lo vedevi padroneggiare la via controllando tutto dall’alto della sua finestra. Un brutto giorno però l’ambulanza portò via la signora che lo aveva accolto, e lui non la vide più tornare.
Ma neanche questo lo fece vacillare. Lui, con gli imprevisti della vita, ci sapeva fare, e in questa situazione ci era già passato. Ormai amico di tutti, riprese a bighellonare nei luoghi che conosceva, sapeva dove andare, e tra fusa e testatine affettuose era un mago a farsi sganciare carne e crocchette.
In fondo era un micio fortunato, aveva tutto ciò di cui c’era bisogno, cibo, sole, libertà, ed era amato da tutti. Ma forse non abbastanza .Per un periodo nessuno lo vide più in giro, fino a ricomparire improvvisamente in fondo alle scale di una zia che tanto gli aveva voluto bene.
Ma era irriconoscibile. Triste, magro, sporco, con gli occhi lacrimanti e gonfi, la bocca sanguinante. Chissà da quanto tempo non mangiava e quanto dolore potesse provare. Questa era una cosa che nemmeno lui si sarebbe mai potuto aspettare, andava tutto così bene, e ora come aveva fatto a ridursi in quelle condizioni?!
La diagnosi fu terribile: positivo a fiv e felv. Che già ad averne una sei con una zampa nella fossa, figuriamoci entrambe. E ora che ne sarebbe stato di lui? Sapete, non c’è un posto che possa ospitare questi mici invisibili. E non c’è nessuno che se ne voglia prendere cura. Ma proprio nessuno, perché questi mici sono un problema. Devono stare isolati dagli altri, non dovrebbero proprio uscire di casa, per non ammalarsi e non infettare gli altri. E lui che una casa non ce l’aveva, dove sarebbe andato?
Con molta pazienza, la zia gli trovò una stanzina tutta per lui. I primi giorni furono veramente difficili, iniezioni, pastiglie, addirittura omogeneizzato sparato in gola con la siringa perché il dolore in bocca era troppo forte. Ma avete capito bene? L’omogeneizzato, a lui! Nonostante tutte queste attenzioni però, le speranze erano veramente poche. Forse qualche mese, ma poi sarebbe sicuramente arrivata la sua ora, perché con quelle brutte malattie, di solito, si resiste poco.
E invece, giorno dopo giorno, Pirolicchio tornò ad essere un bel gattone, paffuto e dal pelo lucido e morbido. Sembra una leggenda metropolitana, ma si sa, l’amore a volte fa miracoli. E a lui ne serviva proprio uno. E venne anche il momento di rivedere il sole. Ogni volta che che c’era tempo, ed il clima mite lo permetteva, Pirolicchio usciva accompagnato dalla zia o dallo zio a fare una passeggiata in giardino. Ed era bravo, bravissimo. Ubbidiente come un cagnolino fedele. Faceva il suo giro, si spaparanzava al sole, masticava un po’ di erba gatta, rincorreva qualche lucertola, e quando era ora di rientrare tornava spedito nel suo stanzino, quasi avesse capito che quello era il suo posto.
E quante ore deve aver passato lì dentro in solitudine, a pensare al perché gli fosse capitata quella sorte, al perché non potesse avere una vita normale, al perché gli zii nonostante gli dimostrassero tanto amore, non passassero più tempo con lui. Chissà quante volte deve aver sentito dalla finestra il cinguettio degli uccellini, le voci delle persone che passavano, il soffio del vento, i profumi delle stagioni, il rumore della pioggia. Quanto tempo. Tre anni.
Tanto fu il tempo passato in solitudine, mentre il mondo andava avanti, mentre ognuno era impegnato con le sue cose, mentre il suo chiedersi “perché” arrivava al capolinea. Perché per quanto amore avesse ricevuto, i suoi problemi di salute erano sempre lì, e venne il momento che gli zii che lo avevano accudito per tutto questo tempo furono costretti anche a prendere la decisione più difficile, quella di accompagnarlo sul ponte dell’arcobaleno. E Pirolicchio, pieno di acciacchi, accettò mesto anche questa scelta. Sarebbe stato di nuovo libero, ed avrebbe avuto finalmente tutta la compagnia che gli era mancata, per sempre.
Già, Pirolicchio era davvero un micio speciale, da trattare con i guanti di velluto. È salito sul ponte il 2 aprile 2021, dopo 3 anni passati da solo in una stanza. Ha amato senza riserve ogni persona che ha incontrato, ha accettato senza il minimo lamento ogni imprevisto che la vita gli ha riservato, ha sopportato la solitudine, ci ha pure perdonato tutti per quello che gli è capitato, e per quello che quotidianamente facciamo capitare a tanti altri mici sfortunati come lui. Ma sicuramente ora sarebbe felice se non capitasse più a nessuno.
Buon viaggio Pirolicchio, buon viaggio micio tosto, perdonami se non ho potuto darti di più, ma sappi che ho fatto del mio meglio
Racconto di Laura Quattrini.
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